Artista della scena reggae italiana e autore nel 2001 della popolarissima canzone “Ancora e ancora”, che celebrava la Roma che vinse lo Scudetto quell’anno, Brusco è intervenuto ai microfoni di Radio Manà Manà Sport Roma, nella trasmissione condotta da Alessandro Santoro e Olga Novella. Ecco le sue parole:
Com’è nata la canzone dello Scudetto del 2001, “Ancora e Ancora”?
“Era appena iniziata la mia carriera da solista, prima ero con i miei amici di Villa Ada Posse. Nel mio primo progetto da solo questa canzone era con altre cinque-sei, e ricordo che oltre all’ansia per la Roma in quei giorni avevo anche l’ansia per questo pezzo. Uscì qualche giorno prima dello Scudetto, quindi avevo paura di passare un po’ per gufo”.
A Roma quando si parla di Brusco si parla spesso di questo brano. Ti fa piacere o credi che sia limitante rispetto al resto della tua produzione?
“Posso rispondere in maniera sincera? Non me la chiede quasi nessuno e sono conosciuto più per altri brani. Sono felice di questa canzone, ma ho un percorso prima e un percorso dopo. Naturalmente se c’è un super tifoso della Roma che non si interessa del mio genere musicale mi ricorda per questo. Ti faccio un esempio: io non conosco canzoni di Marco Conidi oltre “Mai Sola Mai”, ma sicuramente ha tante altre produzioni alle spalle”.
È vero che il diciassette giugno 2001 hai scelto di non andare allo stadio?
“È vero! Per scaramanzia vidi Roma-Parma con il mio migliore amico, interista tra l’altro, a casa. Mi serviva un badante, anche perché i miei amici romanisti erano tutti allo stadio. C’era con me anche il ragazzo che poi ha prodotto “Ancora e ancora”. Ho fatto una specie di fioretto rimanendo a casa, avevo paura che la Roma non ce la facesse. Era importante solo raggiungere il traguardo”.
Eri abbonato quell’anno?
“Sì, in Curva Nord. Dall’arrivo di Zeman fino all’anno dopo lo Scudetto. Da ragazzo invece frequentavo la zona Sud dell’Olimpico. Ora non posso più abbonarmi, le partite sono spesso di sabato e io nei fine settimana sono in giro per l’Italia con la mia musica. Non riesco neanche più a comprare i biglietti, spesso è questione di minuti prima che i tagliandi vadano esauriti”.
Qualche singolo di quella Roma che ti faceva battere il cuore?
“Del periodo vissuto da bambino ricordo i calciatori del secondo scudetto: Bruno Conti, Roberto Pruzzo, Falcao… È la Roma che ho idolatrato con gli occhi del bimbo che si innamora, senza fare i ragionamenti che uno fa quando cresce. Nella Roma di Zeman mi piaceva Paulo Sergio, sottovalutato, oltre ad Aldair e Cafu ovviamente”.
Come è cambiato il rapporto con la Roma per i tifosi negli anni?
“Ho la mia idea: con gli amici parliamo tutto il giorno nelle chat di tutto ciò che riguarda la Roma, e ho sviluppato una teoria. Negli anni siamo stati presi in giro perché sognavamo lo Scudetto anche quando la rosa non aveva i mezzi necessari. Adesso invece da gennaio siamo la squadra con più punti eppure c’è una cautela incredibile. Se dieci anni fa la Roma avesse fatto un percorso simile ad oggi avremmo vissuto emozioni diverse, o almeno io le avrei vissute”.
Come ti spieghi questo cambiamento?
“Probabilmente siamo rimasti un po’ scottati da qualche esperienza. Quel tipo di entusiasmo era montato anche grazie allo Scudetto vinto con Capello. Avevamo imparato ad essere ambiziosi, poi ci siamo dovuti arrendere all’evidenza negli anni. Io amo sognare nella vita, anche quello che ha detto Gasperini a riguardo è intelligente. I sogni che si avverano sono pochi, ma per me il momento più bello è quello, l’attesa di qualcosa, anche lasciandomi andare a delle illusioni. Avere sogni e ambizioni è ciò che ti spinge a migliorare. Ci siamo dati una regolata dopo esserci scontrati con la Roma di Monchi e con i quinti e senti posti. Prima avevamo le ambizioni della tifoseria del Real Madrid, ma senza che la squadra ne avesse i mezzi”.
Come la pensi su Gasperini?
“Se mi dà tre punti, io inizio persino a parlare come lui, parliamoci chiaro. Vedendo la Roma domenica si riconoscono un’aggressività e un’intensità tipici dell’Atalanta di Gasp”.
Hai scritto una canzone per De Rossi. Che rapporto hai con lui?
“Non abbiamo mai parlato. Spesso ho nominato anche Totti nelle canzoni, per il solo gusto di farlo. Del resto ha fatto 307 gol con la maglia della Roma, vuol dire che hai goduto ed esultato 307 volte grazie a lui. Invece De Rossi era fortissimo nell’atteggiamento, è quello in cui tutti noi romanisti ci identifichiamo. La canzone che ho scritto per lui non era stata pianificata: solitamente io metto la base e ci scrivo quello che mi viene, anche se ovviamente parlando di De Rossi c’era più trasporto”.
Brano uscito in un momento di difficoltà professionale per De Rossi, tra l’altro.
“Ero in macchina e mi è venuto in mente il ritornello. Uscì tre giorni prima del suo addio alla Roma, nel 2019”.
Hai trasmesso il tuo amore per la Roma anche a tuo figlio anche se è ancora un bambino?
“Non è ancora molto coinvolto, anche se ogni tanto lo minaccio (ride, n.d.r.). Conosco Radio Manà Manà Sport, e mio figlio ha imparato a memoria i vostri jingle pubblicitari!”