Dottore buongiorno, ci può parlare dell’infortunio di Artem Dovbyk?
“Per quello che ci è dato sapere è un infortunio del tendine del retto femorale, in particolar modo della gamba di sinistra. Spesso e volentieri se andiamo a cercare le informazioni nel web non vengono neanche evidenziati quali sono gli arti interessati. E se facciamo un piccolo passo indietro e vediamo la storia clinica del giocatore, nel 2018 ha avuto una ricostruzione del crociato anteriore al ginocchio destro. Questo ha portato negli anni successivi a un sovraccarico nella gamba opposta. Infatti nel 2024 ve lo ricorderete, ha avuto un trama muscolare all’adduttore sinistro, quindi la gamba opposta, e oggi siamo di fronte a una lesione del tendine del retto femorale sempre della gamba sinistra. Quindi questo ci dice che c’è una tendenza a un sovraccarico sulla gamba d’appoggio, perché lui calcia col sinistro prevalentemente, possiamo dire esclusivamente nel suo caso. E quindi la gamba opposta è la gamba d’appoggio. Da questo punto di vista la lesione tendinea è stata prevista come recupero 4-6 settimane, immagino che si farà un trattamento con dei fattori di crescita. 4-6 settimane perché il livello dello staff della Roma è un livello molto alto, fortunatamente, e quindi credo che il recupero sia abbastanza veloce. L’altra cosa da analizzare è la dinamica del movimento. Ha calciato la palla in maniera un pochino scomposta e quindi è andato a mettere in massima tensione quello che è il tendine di un muscolo che è il più potente che abbiamo nella parte anteriore della gamba, il retto femorale. Quindi considerando la dinamica, considerando la gamba che ha una tendenza ad andare in sovraccarico, questo è un pochino la spiegazione di come può essere stata la storia dell’infortunio”.
Che differenza c’è con l’infortunio di Dybala e Pellegrini?
“Sì, il passaggio è sottile ma importante, lì c’è stata una lesione nel passaggio muscolo tendineo. Qui parliamo di tendine vero e proprio, un tendine molto forte, molto spesso, parzialmente lesionato, quindi un’entità media, medio lieve se vogliamo, e quindi non c’è necessità di ricostruzione di sutura chirurgica, ma in questo caso basta una bio-stimolazione alla rigenerazione di quelle fibre che si sono lesionate”.
In questo momento anche Dybala e Bailey sono fermi per una lesione al bicipite femorale. È un caso?
“Abbiamo sentito un’intervista del mister proprio l’altro giorno in cui parlava di riposo. Per Gasperini il riposo c’è di notte, di giorno si allenano, quindi il mister ha questa filosofia con carichi medio alti ad alta intensità. La differenza la fa un pochino la genetica e la preparazione dell’atleta. È chiaro che un atleta che viene da una storia di infortuni abbastanza frequenti come Dybala è più soggetto a stress con una intensità di allenamento come quella che propone il mister, Bailey, che veniva magari da un periodo di non massima attività, essere messo all’interno di un contesto come questo non ha tenuto. Poi c’è la genetica, come la predisposizione ad infortunarsi più frequentemente, e poi ci sono anche altri analisi, ma non è questa la sede, come per esempio i vizi di postura, piuttosto che la biomeccanica del giocatore. Ecco non è proprio semplice poi puntare il dito e dire quel giocatore si fa sempre male o l’allenatore, il preparatore mettono sotto stress i ragazzi. Ci sono tanti fattori che condizionano questo, e poi c’è la legge di Darwin, chi riesce a sopportare certi carichi fa più partite e chi riesce geneticamente a essere un pochino più fragile è chiaro ne risente di più. Ci sono tanti giocatori che giocano molto come Cristante, Mancini, chee non hanno traumi muscolari, non hanno infortuni, quindi vuol dire che non è un problema di metodo che propone l’allenatore o il preparatore dell’atletico, ma è un problema poi di adattamento”.
Quindi secondo lei in generale non è aumentato il logorio fisico degli atleti negli ultimi anni ma dipende da caso a caso?
“Lo dico solo da dieci anni che si gioca troppo. C’è comunque un adattamento genetico, un adattamento degli atleti a questi stress e a questo tipo di richieste, e poi c’è chi si adatta meno bene e chi si adatta meglio però ciò non toglie quello che dico da tanti anni che secondo me si gioca troppo e si sta perdendo anche un pochino l’amore per questo sport. Ci sono partito ogni tre giorni e l’essere umano e il calciatore, per quanto è un super-atleta ne risente, come vediamo sempre più spesso”.
C’è anche una componente mentale psicologica sui tanti infortuni?
“La tua domanda è molto pertinente la paura di farsi male comunque ne abbiamo trattata recentemente in un convegno sulla traumatologia dello sport è un qualcosa di scientificamente provato. L’atteggiamento timoroso ti fa contrarre, non ti rilassa. Se invece sei sereno, quasi sfrontato, ti permette di avere una dinamica di movimento molto più lineare, molto più fluida e quindi ti mette meno rischio di infortunio. È anche clinicamente provato, lo riscontriamo nella nostra clinica quotidianamente. Un atleta che esce da più di un infortunio muscolare è un atleta che non sarà mai brillante come chi invece non ha una storia clinica di infortuni. Abbiamo dei mental coach che sono a supporto nel recupero dell’infortunio muscolare che si ripresentano nel tempo. È un aspetto importante, ma ribadisco, ci sono le fibre muscolari, chi ha tendenza a fare più cicatrici, chi ha tendenza per una cicatrice più elastica, quindi ci sono moltissimi fattori, e questo è un macro-fattore”.
Come possono lavorare in sinergia i preparatori del club, quelli personali dei giocatori e quelli delle nazionali?
“È auspicabile una comunicazione tra queste figure professionali perché altrimenti non ha senso avere una persona che individualmente ti gestisce. Si deve coordinare col preparatore della squadra per quello che fa quotidianamente e quindi non andare o a sommarsi oppure a creare uno scarico eccessivo di quelle che sono le tensioni per cui il muscolo viene portato a quel livello. Ricordiamoci che il muscolo deve essere teso e carico, non deve essere un muscolo flaccido, altrimenti non può rispondere agli stimoli e cambi di direzione, alla rapidità del calcio di oggi. La difficoltà del professionista è quella proprio di entrare in sinergia con le figure della società del club o della nazionale, l’altra difficoltà anzi l’altro plus che invece dà è che conosce l’atleta da tanto tempo e sa benissimo quella che è la modulazione della proposta d’allenamento e come farlo recuperare tra una gara e l’altra, quindi io credo che chi fa questo è un illuminato. Ricordiamoci che un calciatore oggi che ha un stipendio di quel livello lì può permetteresi secondo me di investire su una squadra intorno a sé perché è un’azienda a tutti gli effetti e deve avere i suoi asset che gli permettono di di performare più possibile per più anni possibile, quindi andiamo incontro a un calcio in cui ci sarà un preparatore per giocatore. Noi stiamo facendo formazione proprio in questo senso, per essere pronti già ad oggi alle richieste che ci sono”.
