Intervistato da Matteo De Santis de La Stampa, ha parlato il centrale difensivo giallorosso Gianluca Mancini. Di seguito le sue dichiarazioni.
Negli occhi di tutti c’è ancora lei che discute animatamente con Fabregas al termine di Roma-Como: è davvero cattivo o la disegnano così?
«Assolutamente no, basta parlare con chi mi conosce bene. Poi in campo subentrano tanti fattori, come l’adrenalina e la tensione, che fanno parte di una competizione. Ma non mi sembra di essere mai stato protagonista di gomitate, entrate killer o pugni in faccia: i miei sono tutti scontri di gioco».
Le dà fastidio o la motiva di più essere antipatico ai tifosi avversari? Detto che per i romanisti è un beniamino…
«Penso a giocare con la massima dedizione, dando tutto per la maglia della mia squadra, per i miei compagni e per me stesso. L’antipatia di chi tifa per le squadre avversarie può dispiacere, ma preferisco sempre essere visto di buon occhio dai miei tifosi».
La Roma è la squadra che ha fatto più punti nel 2025 e la difesa meno battuta in Serie A.
«So di far parte di un grande gruppo: nel 2025 abbiamo fatto buonissime cose. La somma dei punti, riguardando due campionati differenti, va contestualizzata: alla fine conta il presente. La difesa meno battuta è la sublimazione di un lavoro di squadra eccezionale: un portiere che rappresenta un valore aggiunto; una batteria di difensori forti, a prescindere da chi gioca, che tiene l’ultima parte della squadra; centrocampisti che corrono non so quanti chilometri; attaccanti che fanno una pressione incredibile».
Sessione di esami per la Champions, con la Roma comunque almeno quarta: dopo il Como, la Juve. Sale la difficoltà?
«Tutte le partite rappresentano degli step: ogni incrocio può rappresentare una trappola. Dopo gli inciampi con Napoli e Cagliari, portare a casa una gara come quella col Como è stato importante. La sfida con la Juve è bella e stimolante: ci sarà da sudare, ma ci arriviamo carichi».
Avverte la mancanza di non aver mai giocato la Champions con la Roma?
«Mi manca. Non è un peso, ma un obiettivo. Vincere la Conference, così come arrivare in semifinali e finale di Europa League, è stato bellissimo. Ma sentire quella musichetta dei campioni piacerebbe».
Piacerebbe anche ai Friedkin…
«La nostra è una proprietà forte, generosa e disponibile: lo ha dimostrato prendendo Gasperini, una scelta giusta e importante. La famiglia Friedkin ha voglia di portare la Roma più in alto possibile e ha arricchito il brand del club. Noi siamo orgogliosi del loro operato e del loro progetto».
Come è il Gianluca Mancini del 2025 rispetto a quello arrivato alla Roma nel 2019?
«Sono arrivato che avevo 22 anni. Tantissime partite, battaglie, sofferenze, delusioni, felicità, emozioni: qualcosa di bellissimo che voglio continuare a vivere qui».
Il momento più bello è stato vincere la Conference League a Tirana?
«Tirana è stata unica. Vincere quella coppa non era semplice: sollevare il primo trofeo, vedere Roma e i romanisti felici mi ha riempito di orgoglio».
E quello più buio? La finale di Europa League persa?
«Sì, ripensando all’andamento della partita».
Come ha ritrovato, dopo sei anni, Gasperini?
«Il solito mister che ti insegna calcio e ti carica. Un maestro, ho avuto la fortuna di averlo all’Atalanta e già mi aveva fatto capire tante cose. L’ho ritrovato identico».
Quello che è successo un anno fa alla Roma con Ranieri?
«Quando Ranieri ha aperto la porta dello spogliatoio è stato come vedere una luce nuova. Ci ha fatto stare bene, nella nostra testa è scattato qualcosa».
Anche lei, avendo vinto la Conference, è del partito che un trofeo a Roma valga di più un titolo altrove?
«Sì, ha un valore enorme. Ricordare quello che è successo con la Conference, pensando di poterlo rivivere, mi fa quasi piangere dall’emozione».
