Dal Tre Fontante Diego Sarti
Il derby è sempre il derby. Cambiano le categorie, cambiano i volti, ma non l’adrenalina che scorre nelle gambe e nell’aria del Tre Fontane. Eppure, stavolta, lo spettacolo non arriva: Roma e Lazio danno vita a una partita nervosa, tecnicamente povera, piena di errori e blocchi emotivi. Un derby sporco, deciso da episodi, in cui alla fine a spuntarla è la squadra di Punzi nel finale con Bordon: finisce 1-2. Una vittoria che pesa, soprattutto perché ribalta una partita che la Roma aveva in mano per 45 minuti.
I NUMERI DELLA VIGILIA
Il contesto diceva molto: nelle ultime quattro gare la Roma aveva raccolto appena due punti (pareggi con Lecce e Inter) e due sconfitte pesanti contro Juventus e Cesena, nonostante i 3,45 xG prodotti nella gara con gli emiliani. Il guizzo offensivo del 3-4-3 doveva tornare, il derby sembrava il momento perfetto per ritrovarlo. Le statistiche storiche parlavano chiaro: 159 derby tra campionato e Coppa Italia, con 57 vittorie giallorosse, 60 pareggi e 43 sconfitte. Dal 2015-16, però, il divario si è assottigliato. E oggi si è visto.
ROMA, BUONA PARTENZA MA POCA INCISIVITÀ
La Roma parte forte, trascinata dall’energia che solo un derby può dare. Guidi non sorprende: 3-4-3 mobile, Della Rocca e Arena a inventare, Romano e Di Nunzio a rifinire, Litti e Sangarè a spingere sulle fasce. Il primo quarto d’ora è di marca giallorossa: ritmo più alto, maggiore qualità nel palleggio, idee chiare. Ma, come troppo spesso accade ultimamente, manca la concretezza. Tiri sporchi, scelte affrettate, conclusioni mai realmente pericolose. Il blocco si rompe al 34’: Romano strappa metri, serve Arena, tiro potente ma centrale, Pannozzo sbaglia il controllo e Litti è il più veloce di tutti a ribattere in rete. Vantaggio meritato, Lazio incapace di reagire. La Roma va al riposo avanti e con la sensazione di poterla controllare.
LAZIO, LA SVOLTA DI PUNZI: Roma addormentata, rimonta inevitabile
Nell’intervallo cambia tutto. Punzi passa al 4-3-3, e non è solo un cambio tattico: è un cambio mentale. La Lazio esce col fuoco negli occhi, la Roma no.
La ripresa è un’altra partita: appoggi sbagliati, linee di passaggio intasate, errori tecnici pesanti. I biancocelesti sfruttano le corsie con Farcomeni, Sana Fernandes e Cuzzarella, trovando campo e coraggio. Il pareggio arriva al 68’: Zelezny sbaglia l’uscita alta, la palla carambola sulla schiena di Sangarè ed entra. Un episodio sfortunato, sì, ma anche figlio della passività giallorossa. Il derby si riapre e la Roma si smarrisce.
I cambi di Guidi – dentro Cama, Almaviva e Maccaroni – ridanno un po’ di ossigeno. Proprio Cama illumina al 35’ con un assist perfetto per Bah: il palo gli dice no. È l’occasione chiave della partita. Perché poi arriva la punizione definitiva: calcio d’angolo, nuova indecisione sul pallone alto di Zelezny, rimpalli, e Bordon allunga la gamba. 1-2. La Lazio completa la rimonta. La Roma crolla.
SENZA ALIBI
La Roma chiude nervosa, confusa, senza più lucidità. Quinta gara senza vittorie, seconda sconfitta consecutiva, classifica che stagna: 24 punti, sesto posto. Una verità, però, va detta con onestà: per quello che si è visto nel secondo tempo, la Lazio questa partita se l’è meritata. Ha avuto più coraggio, più aggressività, più fame. Ha creduto che si potesse ribaltare. La Roma no.
Il derby non perdona fragilità. La Roma ha giocato un tempo ed esce dal campo con una consapevolezza dura ma necessaria: non basta partire bene, bisogna saper resistere quando la tensione cresce. Da qui si riparte. Ma solo se questa sconfitta verrà letta per quello che è davvero: non un incidente, ma un segnale d’allarme. E ignorarlo sarebbe l’errore più grande.
