Alla vigilia della sfida europea contro il Celtic, in conferenza stampa ha parlato il centrale difensivo giallorosso Mario Hermoso. Di seguito le sue dichiarazioni.
Hai avuto modo di chiarire con Folorunsho?
“Non ho parlato con lui. É un tema delicato, non spetta a me commentare le parole, né cosa è successo in campo, si commentano da sole. Spetta alla Lega decidere fino a che punto determinati atteggiamenti vengano tollerati”.
Ti sei mai sentito fuori da questo progetto? Come hai vissuto il passaggio da esubero a titolare?
“Quando sono arrivato qui a Roma l’ho fatto in un momento difficile per il club, con diversi cambi di allenatore. Ho vissuto momenti complicati. Nel mercato di gennaio ho giocato con il Bayer Leverkusen e ho trovato le sensazioni giuste, mi sono sentito importante di nuovo. Fino all’infortunio tutto è andato per il meglio. Alla luce dei precedenti negativi alla Roma era difficile pensare di continuare, e il club sembrava cercare profili diversi. Quando è iniziata la nuova stagione ho chiesto al mister l’opportunità di fare una preparazione normale, cosa che non avevo fatto in quella precedente. Lui mi ha dato questa chance. Mi ha valutato sul lavoro quotidiano, gli sono molto grato, mi ha fatto percepire nuovamente quel piacere di giocare e affrontare le partite senza paura. Sento che siamo due persone simili, entrambi andiamo verso la nostra strada senza timore. Spero di poter continuare questa collaborazione ancora a lungo, mi pare che i risultati si stiano vedendo, sia a livello personale che di squadra”.
Al di là della differenza degli allenatori, hai trovato qualche caratteristica comune tra Gasperini e Simeone nel tuo modo di giocare?
“Come dicevo prima il mister è stato uno dei primi a introdurre la difesa a 3. Questo modo di difendere e impostare l’uscita di palla, creando superiorità, partire da dietro per tagliare fuori l’attaccante avversario, creando allo stesso tempo spazio per centrocampisti e attaccanti. É un tipo di calcio che mi piace, in cui mi trovo bene, sia con la palla che senza. A livello personale e fisico quando sono arrivato non ero in un buon momento dopo tanti anni in Spagna all’Atletico. Le affinità con Simeone si trovano nel riuscire a trasmettere la propria idea di calcio alla squadra. Far trovare stimoli dentro il campo e nello spogliatoio a delle rose composte da 25 calciatori con culture e lingue diverse. Questa è un’operazione complessa, far si che a prescindere dal giocatore si vada tutti nella stessa direzione”.
