Stavolta non serve scomodare paragoni letterari scomodi. Sui sogni e la loro essenziale fugacità all’interno delle vicende umane sono state scritte pagine e parole da firme ben più prestigiose di quella che si appresta a scrivere questa manciata di righe confuse e sconclusionate.
Roma-Napoli, 0-1. Neres al minuto 36. La grande chance di Baldanzi al minuto 89’. Questa è la sveglia che riporta alla realtà la Roma di Gian Piero Gasperini e tutti coloro i quali per sette giorni si erano accoccolati tra le braccia di Orfeo nell’illusione che, almeno per una volta, il corso della storia sarebbe potuto cambiare. Questa squadra non può sognare, a volte nemmeno segnare. È il Settlement Agreement dei sogni baby. Servono idee solide prima di potersi permettere ambizioni che vadano oltre le proprie possibilità.
Il quarto ko stagionale, terzo all’Olimpico, ha fatto emergere ancora una volta tutte le falle di una squadra che nelle intenzioni è costruita molto meglio di quanto non lo sia tra i suoi ranghi, tra estati in cui si è speso tanto e male ed altre in cui si è speso il giusto ma non abbastanza. La coperta è corta, e pure un po’ bucata.
A Gasp, in versione cattivo di James Bond recluso nella lounge dell’Olimpico a causa di un cartellino rosso risibile ricevuto a Cremona, si sono materializzati sotto gli occhi tutti i problemi che difficilmente permetteranno alla Roma di ambire a qualcosa di più di una strenua lotta al quarto posto fino all’ultimo minuto dell’ultima giornata.
Il tridente offensivo, che sia pesante o leggero, non punge. Ferguson è il cosplay imbrunito di Dovbyk. Da Baldanzi aspettiamo ancora il primo guizzo giallorosso da quando è in giallorosso. Soulé diventa Casper quando il gradiente di difficoltà dell’avversario supera una certa asticella. Su Dybala, più che un calciatore, ha mostrato una condizione fisica da Derby del Cuore. Risultato? Ancora una partita senza goal contro una delle avversarie più strutturate di te.
Non è però tutto da buttare. Va tenuta in considerazione l’altalena fisica della squadra, con alcuni elementi all’apogeo del bioritmo e alcuni con la batteria scarica. Le riserve non sembrano all’altezza dei titolari, che in certi casi non sono a loro volta all’altezza delle aspettative.
Della Roma di Gasperini resta negli occhi l’anima, la voglia, il coraggio di crederci fino all’ultimo e comunque provare a impensierire il Napoli fino all’ultimo, restando qui a mangiarci le mani perché a Baldanzi capita sì il pallone buono, ma sul piede non altrettanto.
La sconfitta contro Conte, la nona in undici confronti tra il canuto allenatore romanista e il miracolo tricologico che da due stagioni guida il Napoli, chiude molte meno porte di quante non ne avrebbe aperte un successo contropronostico.
Alla fine del sogno resta la realtà. E a guardare la classifica, non serve sforzare troppo i tendini del collo per vedere dove si trova il primo posto. Un punto. Un solo punto. Non certo la fine del mondo. Perché come diceva la splendida poetessa Alda Merini: “I sogni sono come le stelle: basta alzare gli occhi e sono sempre là”. E la vetta della classifica pure.
