È troppo presto per sentenziare giudizi definitivi sulla Roma, su Gasperini e su chi gli ha messo a disposizione determinati elementi della rosa? “Sì, certamente”, risponderebbe il pazzo meravigliosamente interpretato da Marco Messeri nell’altrettanto meraviglioso “Ricomincio da Tre” del compianto Massimo Troisi.
Eppure, arrivati agli sgoccioli del 2025, una risposta definitiva possiamo pur accenderla e senza aiuto del pubblico. La Roma, per l’idea di calcio che ha in mente Gian Piero da Grugliasco, ha bisogno di calciatori fisicamente integri. O quanto più vicini possibile al pieno stato di forma.
Il mercato di gennaio è a meno di un mese dalla sua apertura e la girandola dei nomi accostati alla maglia giallorossa continua a girare su se stessa alternando nuovi profili e soliti sospetti.
Chi vivrà, vedrà chi arriverà. Se e quando. Ma in attesa di capire su quale ignoto X Ricky Massara e l’area tecnica sono intenzionati a virare per rafforzare il reparto offensivo anedonico e privo di vita, la trasferta di Cagliari fa saltare agli occhi un dato: fisicamente la Roma è a pezzi. E anche piuttosto piccoli.
Forma fisica tene, gioco (e risultati) sequantur, direbbe Catone il Censore se solo avesse conosciuto le gioie e i dolori del football durante gli anni d’oro dell’Impero Romano.
A Cagliari troppi giocatori sono sembrati l’ombra di quello che sono. Ndicka pare aver anticipato con la mente la partenza in Coppa d’Africa, Koné ed El Aynaoui in due fanno un centrocampista sano. Ferguson ha mobilità ridotta e su Dybala preferiamo soprassedere per carità di patria.
Appare dunque evidente come dalle parti di Trigoria non ci si possa permettere nemmeno l’idea di portare a gennaio l’ennesima scommessa di calciatore, anche e soprattutto se con uno storico infortuni piuttosto nutrito.
Basta con i “se sta bene”, basta con “basta che mi gioca il 50% delle partite in forma”. La Roma le sue scommesse le ha già fatte. Con i “se sta bene” si vince qualche partita, forse ormai nemmeno più quella. Ma di sicuro in Champions League non si va. E non lo dice il pessimista che scrive, ma i fatti.
E le ha perse grossomodo tutte, perché se la Fortuna è cieca, da queste parti è la signora Sfortuna ad avere dieci decimi.
Più che puntare su Federico Chiesa che “se me torna quello de quattr’anni fa all’Europeo”, sarebbe auspicabile un po’ di fantasia. Anche senza pane e amore, se non quello per i destini di questa squadra che da troppi anni corre dietro a chimere e rimane puntualmente a guardare gli altri giocare la Champions League e rafforzarsi con i proventi della partecipazione europea più prestigiosa.
