A cura di Diego Sarti
Non è la storia di Pinocchio, eppure l’odore di legno lo si sente ancora nell’aria. Forse perché tutto nasce da lì, da un falegname della campagna danese e da un rivenditore di automobili con l’idea – folle, o semplicemente moderna – che nel calcio ci fosse spazio anche per i sognatori senza pedigree. Siamo nel 1999, nel cuore dello Jutland. Terra piatta, vento che taglia in due il cielo e paesi che la sera si addormentano con le luci dei lampioni che riflettono sull’umidità di un asfalto bagnato. Johnny Rune (falegname) e Steen Hessel (venditore d’auto) mettono insieme le loro due realtà – l’Ikast FS e l’Herning Fremad – e fondano l’FC Midtjylland. Nessuno applaude, nessuno immagina cosa accadrà. Ma certe storie nascono nel silenzio, come i tronchi nelle segherie: ci vuole tempo prima che prendano forma.
La salita al sole
Passano dodici mesi e i “Lupi” sono già in Superliga. Non è normale, non è comune, non è “solo calcio”. È come se il Midtjylland avesse fretta di dimostrare una cosa semplice: che anche dalla provincia può nascere qualcosa che valga la pena guardare. È una società con le scarpe nel fango e lo sguardo alto. Nei primi quattordici anni di vita, tre podi. Nessuna retrocessione. E in una Danimarca che ha sempre guardato verso Copenaghen per capire chi comandasse, un club venuto dalla campagna inizia a ricordare a tutti che anche i lupi possono camminare al centro della città senza perdere il loro odore di selvatico.
Benham e la rivoluzione silenziosa
Arriva il 2014, e con lui Matthew Benham. Un inglese che crede nella matematica più di quanto un calciatore creda nel piede forte. Matthew porta in Danimarca una visione del tutto nuova quanto futuristica trasformando il Midtjylland da un club ‘operaio’ a moderno: numeri, analisi, algoritmi, ma senza tradire la poesia delle origini. Una nuova visione e un modo di pensare, precursore di quello che oggi è il calcio, fatto di statistiche e partite che sembrano una gara di scacchi. Chicca tattica: i danesi dopo appena una stagione diventano la prima squadra europea a basare i calci piazzati su modelli statistici invece che sulla fantasia del mister. Risultato? In quella stagione ecco la vittoria del primo Scudetto. E indovinate un po’: quasi la metà dei gol arriva da palla inattiva. Non è magia. È strategia. Di Scudetti ne arrivano altri due nelle stagioni successive. Dunque, il Midtjylland smette di chiedere permesso e inizia a farsi un nome anche nei grandi palcoscenici europei.
A proposito di Europa, nella stagione 2015 -2016 il sogno targato sedicesimi di finale. Herning, 18 febbraio. 9.182 spettatori per vivere la sfida contro il Manchester United. I Lupi vincono 2-1, a segno Pione Sisto e Paul Onuache. Scene da quadro neoclassico: luci basse, colore caldo, eroi con nomi non ancora famosi. Il ritorno è un 5-1 che spezza i sogni, ma non l’identità.
Fabbrica di talenti: da Kjaer a Franculino. All’Olimpico arriva una corazzata
Nel 2004 nasce l’Academy, la prima in Danimarca. Una scuola di calcio più che un centro sportivo. Attrae ragazzi da tutto il Paese, e persino dalla Nigeria, grazie alla partnership con l’FC Ebedei. Non è un caso: qui il talento non deve arrivare già formato. Ci si lavora. Lo si lima. Lo si scolpisce. Ed ecco che si fondono le origini cardini di questo club, nato dentro una fabbrica di legno. Uno dei talenti usciti dalla cantera danese è Simon Kjær, che tra le tante ha vestito la maglia della Roma in una singola stagione. Una visione che tutt’oggi sta portando i suoi frutti: basti portare in risalto gli esempi attuali e che la Roma, prossima avversaria in Europa League, dovrà temere. Uno su tutti è il centravanti Franculino, punta classe 2004 dal valore di 13 milioni di euro, che si sta rendendo protagonista di una stagione super. Cresciuto nelle giovanili del Benfica, acquistato per un milione di euro dalla squadra danese. In Superliga sta letteralmente facendo i buchi: in 15 partite ha messo a segno 14 gol. Lo stesso in Europa League: in 4 gare giocate 3 reti siglate. Tante squadre hanno messo gli occhi su di lui, in particolar modo il Fenerbache e il Bayer Monaco. Altri due classe 2004 sono da tenere d’occhio: Dario Osorio, esterno alto cileno, e il difensore Oumar Diao. Entrambi arrivati nella cantera a costo pari a zero, oggi pronti ad essere rivenduti a cifre che superano i dieci milioni di euro. Giovedì a Roma arriva una corazzata, guai a sottovalutare una sfida del genere.
