Julio Sergio si racconta al Corriere dello Sport a quasi cinque mesi dalla scomparsa del figlio Enzo. Non pronuncia mai la parola morte. Dice “è partito”.
Il primo Natale senza di lui
“Andrò al lago, cercherò di gestire tutto questo”.
Come si fa?
“Non lo so. Tutto nuovo, tutto strano, restiamo tranquilli e aspettiamo. Mi consola sapere di aver fatto tutto quello che potevo, che Enzo è partito dopo la nostra ultima chiacchierata. Ho un audio con me di quel giorno, mi basta. La mancanza invece non è facile da gestire”.
Parliamo un po’ di calcio: sa che partita c’è a Roma lunedì?
“Seguo abbastanza la Serie A, Daniele torna a Roma”.
Che compagno era?
“Un ragazzo eccezionale”.
Vi sentite?
“Ogni tanto. Parliamo anche di lavoro, dei giocatori che ci sono in Brasile”.
Anche la Roma lotta per il titolo?
“Per la Champions sicuro, per lo scudetto vedo Inter, Napoli o Milan”.
Roma e la Roma: la voce trema un po’.
“Enzo e mia figlia sono nati a Roma. Ho vissuto momenti indimenticabili e ancora adesso il club è stato fantastico con me. La maglia spedita, la vicinanza…Mio figlio quando ha visto la maglietta che mi era stata inviata era molto felice, sono cose importanti queste”.
Della Roma le chiedeva?
“Sapeva che avevo giocato con Totti, De Rossi, Toni… Quando venivano a casa amici si vantava, faceva vedere i video: era orgoglioso. Poi gli piaceva Alisson, ci scambiavamo qualche messaggio ed era felice”.
Un giudizio su Svilar, a proposito di portieri?
“Tra i primi d’Europa. Ha ancora un margine di crescita importante, può diventare il primo”.
Ci tiene, quindi, a ringraziare i tifosi della Roma: “Grazie, il vostro affetto l’ho sentito tutto. Sempre. E lo ha sentito anche Enzo che ha potuto, almeno un po’, capire come siete fatti. Grazie”.
