Dal nostro inviato Alessandro Santoro – All’Aula Convegni del Senato è stata presentata la “Legge Bove”, un decreto sul primo soccorso che porta il nome del calciatore della Roma. Proprio l’ex Fiorentina ha rilasciato alcune dichiarazioni ai giornalisti a margine dell’evento.
Giornata molto importante, c’è la responsabilità di una proposta di legge che porta il tuo nome, un anno dopo quell’episodio abbastanza grave. Qual è il tuo stato d’animo e come senti il peso di questa responsabilità?
“É motivo di grandissimo orgoglio, sono davvero felicissimo, e come ha anticipato anche il ministro spero che sia l’inizio di un lavoro da fare insieme, perché oggi abbiamo presentato un disegno di legge e spero che ci sia un accelerata, perché siamo tutti d’accordo sull’importanza del primo soccorso e sulla disinformazione che dobbiamo combattere, quindi sono davvero contento di essere qui ed sono davvero fiero”.
Ti emozionava il peso di prenderti la responsabilità anche di dare voce a tutti quelli che hanno sofferto la situazione che hai sofferto tu e anche di prenderti un merito che non hai dicevi?
“Sì assolutamente, il mio episodio è avvenuto in un campo di Serie A con la massima tutela in delle condizioni di sicurezza che non sono reali nella vita di tutti i giorni perché quando camminiamo per strada non abbiamo un’ambulanza a bordocampo. Quindi la mia emozione è dovuta al fatto che a livello pratico ancora non mi sono speso così tanto come fanno le associazioni, le fondazioni, e tutti coloro che gratuitamente promuovono il primo soccorso e vanno a fare volontariamente questi corsi nelle scuole e nei centri sportivi. Magari a livello pratico ancora non ho fatto quanto loro, però sono davvero orgoglioso di poter mettere il mio nome, perché so l’importanza di essere un testimonial. Per quanto riguarda questa legge, il collegamento è diretto rispetto a quello che mi è successo, quindi sì, è motivo di orgoglio”.
Un messaggio che vuoi dare ai giovani atleti come te? Tu hai detto che non sapevi che cosa fosse il primo soccorso. Quanto è importante invece la formazione anche dei giovani atleti sia professionistiche che non?
“Io sapevo cosa fosse, magari non gli davo questa importanza, perché nelle società di calcio vengono molte associazioni a fare corsi di primo soccorso, però questo credo accada solo tra i professionisti. Il problema è che noi dobbiamo combattere la disinformazione nei luoghi in cui non siamo tutelati, quindi nel dilettantismo, o per strada, o nei condomini, mi vengono in mente moltissimi esempi. Quindi sì, forse prima che mi accadesse questo episodio non ero così preparato, però adesso ci sto provando, quindi è quella la strada giusta”.
Come stai e cosa stai pensando in questo momento?
“Sto pensando da allenarmi, perché per me lo sport è molto importante e la mia condizione fisica sta migliorando, sono contento di come procede. L’obiettivo è quello di tornare a giocare e di farlo il prima possibile. Non mi precludo niente, non so dirvi ancora dove e quando, ma credo che accadrà presto, quindi, sì sono contento anche su quel punto di vista. Poi naturalmente oggi siamo tutti qui per un altro motivo, però anche lo sport è legato al primo soccorso, perché tanti ragazzi che sono venuti a mancare erano sportivi, erano ragazzi che praticavano sport, erano ragazzi che per andare a tirare due calci al pallone anche al parco magari poi non sono tornati a casa, quindi sono molto sensibile riguardo questo argomento”.
É quasi passato un anno da quel giorno, vedi più vicina la chiusura di questo cerchio?
“Non la vedo come un cerchio, perché per me è stato motivo di grande crescita. È stato il motore di tante cose, come ho detto prima, ho avuto modo di fare nuove esperienze, di vedermi in un’altra veste. Mi è piaciuto quello che ho visto, o comunque l’ho imparato ad accettare, perché è una versione di me un pochino differente. Il mio obiettivo è quello di tornare ai pantaloncini e la maglietta. Ora mi vedete in giacca e cravatta, però sì ci stiamo lavorando”.