C’è un dato che racconta più di mille parole l’inizio di stagione della Roma: 15 partite giocate, 11 in campionato, nessun pareggio. O vittoria o sconfitta, sempre e soltanto estremi. Un andamento raro, quasi controcultura nel calcio moderno, dove la gestione e l’equilibrio sono all’ordine del giorno. Per ritrovare qualcosa di simile nella storia giallorossa bisogna scavare tra le statistiche.
Negli ultimi vent’anni, la Roma ha sempre “rotto il ghiaccio” del pareggio entro le prime dieci giornate di campionato. Nel 2021/22 arrivò al nono turno, con lo 0-0 casalingo contro il Napoli. Nel 2014/15 resistette fino all’ottava giornata, fermata dalla Sampdoria sullo 0-0. Nel 2013/14, la Roma di Garcia partì con dieci vittorie consecutive, record assoluto nella storia del club, e trovò il primo pareggio solo all’undicesima, a Torino (1-1). Più indietro nel tempo, nel 2006/07, la squadra di Spalletti si fermò al settimo turno contro il Chievo (1-1), mentre nel 2002/03 accadde lo stesso, sempre alla settima, nel derby contro la Lazio (2-2).
In nessuna di queste stagioni, però, la Roma era riuscita ad arrivare così in là: 15 gare ufficiali senza mai un segno “X” tra campionato e coppe. Un segnale di discontinuità che si presta a due letture: da un lato, la ricerca costante del risultato pieno, dall’altro, una squadra che vive di momenti e di slanci, senza mezze misure. La Roma dal dna Gasperiniano sembra avere un dna tutto suo: o tutto, o niente. E nel calcio di oggi, dove la prudenza regna, non è poco.
